di MARCELLO FRANGIAMONE
E alla fine la manifestazione organizzata dai giovani studenti nisseni ha rischiato di diventare una passerella per la politica, proprio quella politica che troppo spesso risposte ai giovani non è in grado di darne.
Tutti presenti a sfilare in prima fila per tenere alta l’attenzione su un problema che, forse non loro, ma la politica in generale non è mai stata in grado di risolvere.
La volontà degli studenti era quella di mantenere alta l’attenzione sull’emergenza idrica che Caltanissetta sta vivendo in questi mesi affinché qualcuno si impegni a dare delle risposte e delle soluzioni non solo nel breve ma anche nel lungo termine.
Compito della politica era quello di darle queste risposte o quanto meno di impegnarsi a trovarle nei tavoli regionali.
La manifestazione organizzata dai giovani, che da sempre hanno grandi difficoltà ad accedere ai tavoli decisionali, aveva la giusta pretesa di chiedere con ferma decisione maggiore dignità su un bene fondamentale per la nostra vita civile.
Molti di loro erano ancora sui banchi della scuola dell’obbligo quando una risoluzione delle Nazioni Unite del 26 luglio 2010 sanciva il “diritto all’acqua potabile” da cui scaturiva il successivo referendum del 12 e 13 giugno 2011 con il quale gli italiani votarono per la gestione pubblica dell’acqua, referendum sempre boicottato da tutti i governi, e così le società che gestiscono i servizi idrici sono sempre rimaste al loro posto.
Si tratta per lo più di società per azioni miste che dividono gli utili tra gli azionisti. Non potete chiedere a loro la soluzione perché ovviamente vi chiederanno i soldi per poterle attuare.
Quello che si è venuto a generare nei decenni trascorsi è un sistema perverso nel quale la politica è stata capace di creare utili d’impresa in un bene fondamentale per la nostra esistenza nel nome dell’efficienza e della qualità del servizio.
Ecco allora che i giovani studenti che hanno manifestato erano certamente l’unica anima ancora pura che ha subito e continua a subire quotidianamente questa grave crisi senza averne alcuna colpa.
Stare accanto a loro è stata alla fine una scelta certamente coraggiosa ma cela in realtà l’incapacità di chi risposte non riesce ad ottenerne.
Eppure le soluzioni sono lì evidenti e ben note da tempo:
- il riutilizzo delle acque reflue in agricoltura che libererebbe una ingente quantità di acqua da destinare agli scopi potabili;
- un cospicuo intervento per la ricostruzione e manutenzione della rete di adduzione che la regione dovrebbe fare (evitando la società di sovrambito privata che più di tutte ha beneficiato degli investimenti pubblici in regime di monopolio) per minimizzare le perdite che hanno raggiunto livelli inaccettabili;
- la manutenzione e la messa in funzione dei bacini artificiali ormai quasi del tutto asciutti e il recupero di tutti quelli che sono praticamente funzionali e che necessitano di moderati investimenti per poterli mettere a regime evitando di inseguire i faraonici investimenti necessari a riprendere vecchi progetti abbandonati da trent’anni.
Ed a livello locale servirebbe un sistema informativo territoriale sulla distribuzione dell’acqua imponendo alla società di gestione del servizio idrico una chiara comunicazione su come intende distribuire la limitata disponibilità d’acqua mediante un banalissimo Sistema informativo territoriale accessibile a tutti per la sua consultazione, che permetterebbe a ogni cittadino di sapere con certezza, quanta acqua gli verrà distribuita nel corso della settimana e volendo potrebbe anche verificare la veridicità dei dati forniti dall’amministrazione con un semplice sistema di telemetria.
In una recente nota Giovanni Randazzo, docente di Geologia ambientale e di Cartografia e dinamica dei litorali presso l’Università di Messina, evidenziava il fatto che “se oggi il problema della Regione potrebbe sembrare l’emergenza, il vero dramma è la sua visione per il futuro che oggi appare più miope che strategica.
Invitare i sindaci a cercare nuovi pozzi – continua Giovanni Randazzo – rischia di portare a una guerra tra poveri, in quanto spero risulti a tutti chiaro che i limiti dei bacini idrogeologici non coincidono con i limiti amministrativi dei Comuni e se prelevo della “nuova” acqua a Regalpetra, molto probabilmente starò attingendo al bacino di Montelusa o di Vigata o di entrambe, depauperandoli.
La ricerca idrica deve essere fatta alla scala dei bacini idrogeologici – conclude Giovanni Randazzo – e solo l’Autorità di bacino può gestire tale attività…”.
Come dire la Regione, che ha le competenze per trovare le soluzioni, chiede a chi invece queste competenze non le ha di trovare le soluzioni.
È evidente che se non si faranno le giuste scelte nei prossimi anni la situazione non migliorerà e rischieremo di andare incontro a nuovi anni di record per eccesso di temperature e mancanza di precipitazioni.
E allora chi ha oggi il compito di rappresentare questa comunità si impegni a chiedere a chi ne ha la competenza istituzionale di trovare le giuste risposte, lasciando ai giovani la loro sana e legittima voglia di manifestare e di protestare perché almeno questo glielo dobbiamo.
Marcello Frangiamone