“Una pace disarmata e una pace disarmante, la pace di Cristo risorto, umile e perseverante”: questa la missione dei cristiani nel mondo nelle prime parole del nuovo Papa, Leone XIV, Robert Francis Prevost, dalla loggia di San Pietro subito dopo la sua elezione.
Un Papa globale e missionario, che tiene insieme il nord e il sud del mondo, nella sua genesi personale e nella sua esperienza pastorale: sud-americano dell’Illinois, nato a Chicago il 14 settembre 1955 da padre franco-italiano e da madre di origini spagnole, si forma nel nord America nella grande cultura agostiniana, ma esercita la sua missione per oltre dieci anni in Perù, terra di migranti, dove tornerà nel 2014 come vescovo di Chiclayo e di Sufar, maturando una conoscenza profonda della Chiesa e della società dell’America Latina e delle periferie del mondo, secondo il magistero di Papa Francesco. Ha la doppia cittadinanza, statunitense e peruviana. Due anni fa, il 30 settembre 2023, è nominato cardinale e prefetto del Dicastero per i Vescovi e presidente della Pontificia Commissione per l’America Latina.
Ha scelto il nome di Leone XIII, il Papa della Rerum novarum, della dottrina sociale e della difesa dei lavoratori, fondando quindi sulla base teologica e magisteriale più solida la sua attenzione per le fragilità sociali. Una attenzione che ha voluto legare alla continuità con Papa Francesco: citato diverse volte nel suo discorso, ringraziato e ripreso nella sua ultima benedizione, che Leone XIV ha detto testualmente di volere “dare seguito a quella benedizione”.
La scelta dei cardinali ha saputo trovare, rapidamente, una sintesi geopolitica tra le grandi regioni del nord e del sud del mondo, un equilibrio tra l’apertura al dialogo, la pace come priorità e la compostezza ricca di spessore culturale e teologico, la competenza diplomatica e “l’odore della strada” dei campesinos peruviani, nella cui lingua ha voluto salutare, nel corso del messaggio, la sua vecchia diocesi.
Anche l’abbigliamento del pontefice, che ha ripreso la mozzetta rossa e la stola ricamata della tradizione, è stato un segnale di intelligenza politica: non più per “strappi”, probabilmente, procederà il cammino della Chiesa, “senza paura, uniti, mano nella mano con Dio e tra di noi”, e ha chiesto ai fedeli “aiutateci anche voi e costruire i ponti, con il dialogo, con l’incontro, unendoci tutti per essere un solo popolo, sempre in pace. Lavorando insieme, cercando sempre la pace e la giustizia”.
Sembra che la Chiesa abbia saputo trovare una sua unità, dopo anni di lacerazioni, e voglia investire su questa unità non per tornare indietro, ma per continuare ad andare avanti. Una Chiesa che il Papa ha voluto definire “missionaria, che costruisce i ponti del dialogo, sempre aperta a ricevere, come questa piazza, con le braccia aperte, tutti coloro che hanno bisogno della nostra carità, la nostra presenza, il dialogo, l’amore. Una Chiesa sinodale, una Chiesa che cammina”.
Sarà questa la sfida più difficile per Papa Leone, che ha dato un segnale fortissimo in questa direzione, con un gesto inedito, almeno negli ultimi decenni: concedendo subito l’indulgenza plenaria, la remissione di tutti i peccati a tutti coloro che hanno ricevuto la sua prima benedizione, anche attraverso i social e i media.
La misericordia, il sostegno della speranza dei due Giubilei di Papa Francesco, ritorna ad essere il tesoro prezioso da cui ripartire, scrivendo una pagina nuova nella Chiesa. E nella nostra vita.