Le discriminanti della cittadinanza autentica nel discorso del Presidente
“La speranza siamo noi! Il nostro impegno, la nostra libertà, le nostre scelte”: il Presidente Sergio Mattarella conclude con questa consegna impegnativa il suo discorso di fine anno, il decimo della sua duplice presidenza della Repubblica, aperto con un giro d’orizzonte ampio sulla guerra e sulla pace.
La pace che “grida la sua urgenza. La pace che la nostra Costituzione indica come obiettivo irrinunciabile. La pace che non significa sottomettersi alla prepotenza di chi aggredisce gli altri Paesi con le armi, ma la pace del rispetto dei diritti umani, la pace del diritto di ogni popolo alla libertà e alla dignità”.
Una pace che comincia da ciascuno di noi, e richiede “di riorientare la convivenza, il modo di vivere insieme” mentre “A livello globale aumenta in modo esponenziale la ricchezza di pochissimi mentre si espande la povertà di tanti”.
Antropologia della pace e legame con le disuguaglianze da superare, nel mondo in cui “la crescita della spesa in armamenti, innescata nel mondo dall’aggressione della Russia all’Ucraina ha toccato quest’anno la cifra record di 2.443 miliardi di dollari”.
“Luci e ombre riguardano anche la nostra Italia” ha proseguito il Presidente, rimettendo a posto l’analisi della situazione reale del Paese, a smontare la propaganda entusiastica di chi decanta soltanto successi: la sanità, con le lunghe liste d’attesa, l’occupazione, con tanta precarietà e l’emigrazione dei giovani all’estero, la disuguaglianza tra Nord e Sud e l’abbandono delle aree interne. “Colmare queste distanze. Assicurare un’effettiva pienezza di diritti è il nostro compito” è la consegna inequivocabile del Presidente a chi governa il Paese, così come “la precarietà e l’incertezza che avvertono le giovani generazioni, che vanno affrontate con grande impegno.
La parola “rispetto”, scelta dall’Enciclopedia Treccani come parola dell’anno, è risuonata più volte nel discorso del Presidente. “Il rispetto verso gli altri rappresenta il primo passo per una società più accogliente, più rassicurante, più capace di umanità. Il primo passo sulla strada per il dialogo, la collaborazione, la solidarietà, elementi su cui poggia la nostra civiltà.
Rispetto della vita, della sicurezza di chi lavora. Non possono più bastare parole di sdegno: occorre agire, con responsabilità e severità. Gli incidenti mortali – tutti – si possono e si devono prevenire. Rispetto della dignità di ogni persona, dei suoi diritti. Anche per chi si trova in carcere. L’alto numero di suicidi è indice di condizioni inammissibili. Abbiamo il dovere di osservare la Costituzione che indica norme imprescindibili sulla detenzione in carcere”.
Non dimentica le donne, il Presidente, “di fronte allo scandalo dei femminicidi, di tante donne uccise dalla barbarie di uomini che non rispettano la libertà e la dignità femminile e, in realtà, non rispettano neppure sé stessi. Non vogliamo più dover parlare delle donne come vittime. Vogliamo e dobbiamo parlare della loro energia, del loro lavoro, del loro essere protagoniste”.
Non si limita all’elencazione delle emergenze sociali: “Siamo tutti chiamati ad agire, rifuggendo da egoismo, rassegnazione o indifferenza. Nella quotidiana esperienza di tanti nostri concittadini si manifesta un sentimento vivo, sempre attuale, dell’idea di Patria.
Sull’idea di patria l’affondo più tagliente ed insieme costruttivo alla facile propaganda dei “patrioti”:
“Patriottismo è quello dei medici dei pronto soccorso, che svolgono il loro servizio in condizioni difficili e talvolta rischiose. Quello dei nostri insegnanti che si dedicano con passione alla formazione dei giovani. Di chi fa impresa con responsabilità sociale e attenzione alla sicurezza. Di chi lavora con professionalità e coscienza. Di chi studia e si prepara alle responsabilità che avrà presto. Di chi si impegna nel volontariato. Degli anziani che assicurano sostegno alle loro famiglie.
È patriottismo quello di chi, con origini in altri Paesi, ama l’Italia, ne fa propri i valori costituzionali e le leggi, ne vive appieno la quotidianità, e con il suo lavoro e con la sua sensibilità ne diventa parte e contribuisce ad arricchire la nostra comunità”. Non pronuncia le parole “frontiere da difendere” né tanto meno “nazione” quando parla della patria: un altro linguaggio, un altro orizzonte, rispetto alla propaganda delle voci di governo.
Il 2025 sarà l’anno dell’80° dalla Liberazione dal nazi-fascismo “fondamento della Repubblica e presupposto della Costituzione, che hanno consentito all’Italia di riallacciare i fili della sua storia e della sua unità. Una ricorrenza importante. Reca con sé il richiamo alla liberazione da tutto ciò che ostacola libertà, democrazia, dedizione all’Italia, dignità di ciascuno, lavoro, giustizia.
Siamo chiamati a consolidare e sviluppare le ragioni poste dalla Costituzione alla base della comunità nazionale. È un’impresa che si trasmette da una generazione all’altra.
Perché la speranza non può tradursi soltanto in attesa inoperosa”.
Il rispetto, la speranza, la Patria del lavoro e della solidarietà: la consegna del Presidente interroga la coscienza di ciascuno di noi e ci chiede di metterci in gioco, senza retorica, con la mitezza della forza morale di chi è cittadino tutti i giorni ed è orgoglioso della fatica di esserlo pienamente.