Gesuita e filosofo del XVII secolo, teorico del Probabilismo, condannato e poi riabilitato dalla Chiesa
A guardare la Caltanissetta di oggi si stenta a comprendere come tra il XVI e XVII secolo la città sia stata culla di intellettuali laici e soprattutto religiosi che ancora ne illuminano la storia. Almeno per quanti conservano ancora il desiderio di conoscerla.
Tra queste personalità colte, alte, prestigiose del passato riteniamo una posizione particolare meriti Tommaso Tamburini. Oggi di lui, a Caltanissetta, rimane la intitolazione di una via caratterizzata da un arco congiungente due antiche costruzioni poste in uno dei due corsi principali della città.
Caltanissetta lo vede nascere il 6 marzo del 1591 dal padre Fabrizio, giudice del Tribunale della Regia Monarchia, competente per gli affari ecclesiastici in ambito giurisdizionale, e Agata Adelicia Tramontana.
Tommaso entra nella Compagnia di Gesù nel 1605 poco più che quindicenne. Contrariamente ad altri suoi contemporanei, ricevuti gli ordini ecclesiali, sceglie di rimanere nella sua città natale dedicandosi agli studi sulla pratica dei sacramenti.
Per le vaste competenze acquisite viene deputato, presso il locale Collegio gesuitico, all’insegnamento della teologia sistematica, nonché a quello di retorica e di filosofia. Acquisisce larga e rinomata fama.
A trent’anni viene nominato docente di teologia morale presso l’importante Collegio gesuitico di Messina, all’epoca secondo solo a quello di Palermo. Qui vi giungerà quindici anni dopo, quando verrà chiamato ad insegnare nel maggiore Collegio gesuitico della Sicilia.
La sua reputazione continua a diffondersi. Regge i Collegi gesuitici di Caltanissetta, Monreale e Palermo. L’autorevolezza maturata gli vale la investitura di esaminatore delle curie vescovili di Palermo e Monreale.
Il suo prestigio lo porta ad assumere la importantissima veste di Qualificatore nel Santo Uffizio della Inquisizione spagnola, ossia di esaminatore dei reati prima della loro attribuzione alla competenza del Tribunale dell’Inquisizione.
In ragione di tali importanti incarichi sono frequenti i suoi soggiorni romani presso gli uffici papali. A Roma risiede periodicamente quale rappresentante della provincia gesuitica siciliana.
E’ durante la undicesima congregazione generale della Compagnia di Gesù, tenuta presso la Santa Sede, che ha modo di conoscere l’incisore tedesco Joahann Friedrich Greuter. Tamburini gli affida l’incarico di realizzare le incisioni di alcune immagini della Madonna, al fine di corredare un grande progetto editoriale riguardante gli scritti del confratello Ottavio Gajetano, sui luoghi del culto mariano in Sicilia.
Di questa pubblicazione rimangono solo due edizioni, una in latino ed altra in volgare.
Il suo insegnamento, specialmente della teologia morale, rimane consacrato nelle opere da lui composte, largamente usate e ristampate in Italia e all’estero, tra le quali il Methodus expeditae Confessionis, il Methodus expeditae Comunionis, l’Explicatio Decalogi, il De Sacrificio Missae.
In esse, il gesuita siciliano teorizza la conoscenza del peccato attribuendo importanza primaria alla cognitio singulorum, cioè alla capacità di valutazione dei singoli. Diverso è per lui il peso delle colpe a seconda se a commettere l’infrazione è l’individuo colto oppure l’ignorante. Nel primo prevale la vis ratiocinandi, cioè la forza della ragione, nel secondo la vis sentiendi, la forza del sentimento.
Altra differenza teorizzata da Tamburini sussiste tra l’actio humana e l’actio hominis, essendo la prima compiuta in perfetta consapevolezza mentre nella seconda la coscienza è spesso condizionata dal patire passionale, che può essere violentum, coactum, necessarium (violento, costretto, necessario), venendo così a mitigare la colpa.
Nel trasporto passionale c’è dell’involontario, spesso frutto di ignoranza che rende la coscienza erronea. Il tutto si traduce in una interpretazione benignista della epieìcheia (prudenza).
Questa intensa produzione sul probabilismo troverà riconoscimento ad opera di Sant’Alfonso dè Liguori, fondatore della Congregazione del Santissimo Redentore, che con la sua Theologia Moralis metterà fine al rigorismo giansenita.
Il probabilismo del Tamburini incontrerà però costante ostilità negli ambienti religiosi più vicini al detto rigorismo dei giansenisti. A contrastare le tesi del probabilismo sono in particolare i domenicani francesi.
Questi ultimi spingeranno il Cardinale Retz a fare pressione presso la Santa Sede per l’emanazione di un provvedimento di condanna delle tesi di Tamburini. Riusciranno nell’intento nel 1655 con la condanna emanata da Papa Alessandro VIII nei confronti della dottrina del probabilismo.
Condanna ribadita nel 1679 da Papa Innocenzo XI, quattro anni dopo la morte del Tamburini, avvenuta a Palermo il 10 ottobre del 1675.
Tommaso Tamburini passerà alla storia della teologia morale come padre della probabilità tenue.
Con esso si chiuderà il periodo d’oro della diffusione della cultura teologica siciliana, anche se nel 1753 verrà sancita la completa riabilitazione del gesuita siciliano con l’opera Verità Vindicata pubblicata a Roma dall’editore morale Carlo Niceti.

