“Vogliamo l’acqua” è il grido di dolore e l’obiettivo essenziale dei nisseni in questa estate assetata che è stato alla base della manifestazione di lunedì 22 luglio in piazza Garibaldi, intorno a quella fontana del Tritone, con le sculture di Tripisciano, che è l’icona dell’identità nissena e, paradossalmente, un ossimoro beffardo con la sua acqua zampillante al centro della città assetata.
Alcune centinaia di persone, il Sindaco Tesauro con l’assessore Aiello, alcuni consiglieri comunali di opposizione: Bellavia, Cancelleri, Dierna, Gambino, Palermo, Turturici e Vagginelli, hanno risposto all’appello di Sergio Cirlinci, cittadino giornalista, abitante in una di quelle contrade periferiche in cui l’acqua non arriva da 42 giorni.
Una prima richiesta è l’equità nella distribuzione dell’acqua nei diversi quartieri cittadini. È insopportabile l’idea che ci sia chi ha l’acqua a giorni alterni e chi invece a mesi o a settimane alterne. Non vale argomentare sulle diverse altitudini dei territori e la pressione debole con cui l’acqua arriva. Dopo settimane di siccità misure compensative avrebbero già dovuto essere predisposte per garantire giustizia distributiva e rispetto dei diritti di tutti, senza privilegi né eccezioni.
Un altro tema è quello della lievitazione del costo delle autobotti per i rifornimenti alternativi. Non sono messe a disposizione soltanto dall’ente gestore Caltaqua, ma anche, a richiesta, da privati senza nessun intervento di controllo dei costi o, figuriamoci, di calmierazione trasparente dei prezzi. Il Sindaco Tesauro ha dichiarato che l’avviso di richiesta di disponibilità emanato dal Comune per il servizio di autobotte non ha avuto l’esito sperato. Sembrerebbe ovvio, dato che i privati non avrebbero alcuna convenienza a lasciare il “libero mercato” in cui i prezzi di una autobotte raggiungono livelli stratosferici.
A fronte di rischi pesantissimi per l’igiene e la salute pubblica l’autorità comunale avrebbe la facoltà di chiedere interventi di natura eccezionale, coinvolgendo la Protezione civile, l’Esercito, con un piano organico per affrontare le emergenze, non occasionalmente, ma come protocollo da predisporre e mettere in atto ai primi segni di criticità.
La consigliera Petitto ha proposto di rescindere il contratto con Caltaqua per inadempienza: “I cittadini pagano profumatamente un servizio che non hanno e anche le inefficienze del servizio: il termine ‘eccedenza’ che vediamo in bolletta fa riferimento proprio a quelle perdenze che spesso si registrano”.
E infine il coinvolgimento della Regione. Roberto Gambino, già sindaco e oggi consigliere comunale, ha indicato con nettezza nel Presidente della Regione il responsabile principale di tutti i disservizi che, dalla raccolta a monte alla distribuzione a valle, attraverso Siciliacque che la Regione controlla, con puntualità cronica torturano la vita delle comunità e stanno facendo della Sicilia, intollerabilmente, un deserto di desolazione: “ Le responsabilità sono da andare a cercare a Palermo tra i vari Presidenti della Regione che negli anni si sono succeduti – ha sottolineato Gambino – e oggi il primo responsabile ha un nome e un cognome: Renato Schifani. È a lui che Caltanissetta rivolge il proprio grido di sdegno e di protesta: Presidente, noi non abbiamo intenzione di mollare. Se protestare vivamente potrà servire a farvi muovere allora protesteremo”.
Dopo 13 anni il referendum popolare che aveva sancito il ritorno all’acqua pubblica (con il 95% dei voti) rimane ancora lettera morta e il diritto costituzionale ad un bene essenziale continua ad essere calpestato.