Totò Schillaci è stato per tutti i siciliani, alla fine del ‘900, il sogno di poter arrivare sul tetto del mondo, di essere i primi nel mondo, per qualcosa di positivo.
Capo-cannoniere ai Mondiali di calcio Italia ’90, più volte aveva dichiarato che avrebbe preferito a quel titolo la vittoria della nostra Nazionale a quei Mondiali, dove invece arrivò solo terza.
Era la generosità tutta siciliana di un gentiluomo del popolo, cresciuto al Cep, uno dei quartieri più popolari di Palermo riuscendo a dribblare le insidie che a un ragazzo del popolo a Palermo potevano presentarsi in quegli anni, fino ad arrivare a vestire le maglie più prestigiose della serie A: l’Inter, la Juventus, e soprattutto la maglia azzurra della Nazionale.
Totò Schillaci ce lo ricordiamo soprattutto in azzurro, esultare quasi incredulo con le braccia al cielo e lo sguardo dilatato, uomo-simbolo di una Sicilia e di un’Italia povere ma belle, ricche di talento, di fantasia, con le sue giocate imprevedibili che spiazzavano gli avversari più blasonati. Un Maradona siciliano, che giocava soprattutto col cuore, con la passione di chi si riscatta cambiando la propria vita, mentre regala un minuto di gioia anche agli altri.
Un campione che sapeva condividere con i compagni le opportunità del gioco. Coppia da scintille con Roberto Baggio, che oggi lo ricorda con commozione come un fratello.
L’ultima partita, quella con il male che lo ha stroncato, l’ha combattuta con tutte le sue energie, dandosi coraggio, come sa fare chi si è costruito da solo una carriera brillante ma tutta in salita, come quando a Torino i tifosi, e non solo, della Juventus lo chiamavano “terrone” con disprezzo.
Ma poi ha saputo diventare Totò-gol delle notti magiche di Italia ’90. E tutti lo ricorderanno per questo