A GABARA BRUCIA LA SPERANZA DI UNO SVILUPPO POSSIBILE

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Un incendio nella notte del 16 luglio, riproposto due notti dopo nonostante l’opera delle squadre antincendio, ha investito il parco minerario di Gabara, alle porte di S. Cataldo, una realtà esemplare di recupero del patrimonio minerario e di valorizzazione culturale e turistica delle risorse che la storia del nostro territorio offre ancora.

Un incendio che divampa di notte è impossibile che sia dovuto ad autocombustione, e la prima domanda spontanea è stata: perché?

Una vecchia zolfara dismessa era stata riportata alla luce, circondata da un ambiente boschivo curato da una proficua sinergia con l’Ispettorato Forestale, sul cui demanio si trova Gabara, con una segnaletica dedicata ai percorsi, che ricordava gli scrittori e i poeti che hanno scritto sulla civiltà dello zolfo e con suggestive istallazioni di artisti contemporanei.

Sul piazzale della miniera si sono tenuti spettacoli teatrali, musicali, recital e mimi, si sono girate scene di diversi cortometraggi e film, decine di scolaresche hanno visitato il sito per contestualizzare le loro conoscenze sulla storia del nostro territorio.

Per anni, a partire dal 2015, la passione di un gruppo di intellettuali, il geologo Angelo La Rosa innanzitutto, ideatore del Parco e lo storico Luigi Bontà, ha costruito il progetto del Parco, mettendo insieme istituzioni pubbliche e private, contributi culturali, conoscenze scientifiche e tecniche, coinvolgendo anche la Rete Nazionale dei Parchi Minerari ReMi_Ispra, nella quale Gabara è stata inserita, e che il prossimo anno ha in programma un convegno nazionale di tutti i Parchi minerari proprio a S. Cataldo.

Un protocollo firmato pochi mesi fa con l’Università di Catania, Dipartimento di scienze geologiche e biologiche, diretto dal prof. Cirrincione, ha individuato Gabara come laboratorio accademico per le ricerche sul campo che saranno realizzate, senza contare le tesi di laurea che sono in corso di elaborazione

Più volte la realtà del Parco minerario ha suscitato l’interesse dei media, con servizi sulle reti RAI, Mediaset e History Channel, che l’hanno proiettato in un orizzonte nazionale valorizzando una memoria collettiva fondamentale per l’ìdentità del nostro territorio e delle giovani generazioni.

Una memoria collettiva, quella della civiltà dello zolfo, che per decenni si è voluto rimuovere, negando anche il ricordo al sacrificio di migliaia di “carusi” che nelle zolfare hanno sofferto lo sfruttamento più selvaggio, e che invece il progetto del Parco minerario di Gabara ha recuperato e valorizzato restituendo dignità a quella storia.

È singolare peraltro, che la Regione siciliana, che ha una legge sui parchi minerari da istituire sin dal 1981 (L.R. 98/81), non sia intervenuta istituzionalmente, se non attraverso l’Ispettorato Forestale, lasciando altri siti individuati nella legge, come il complesso di Gessolungo a Caltanissetta, nel più totale abbandono.

Oggi a Gabara il monumento antropologico del Parco è stato colpito brutalmente, anche nel suo valore simbolico di speranza di un nuovo sviluppo concretizzata a partire dalla risorsa-territorio e messa in pratica dall’operosità di tanti soggetti conquistati dal progetto.

Oggi si alza il livello della sfida: ricostruire rapidamente Gabara e rilanciare su tutto il territorio del bacino minerario un progetto di sviluppo che impegni tutte le istituzioni in tempi rapidi e con qualità di interventi.

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