OMELIA DEL VESCOVO MARIO NELLA SOLENNITA’ DI S. MICHELE, PATRONO DI CALTANISSETTA
“Amare la città significa essere tutti quanti responsabili di essa!”
Così il Vescovo Mario nella sua omelia del pontificale di S. Michele, patrono di Caltanissetta e patrono della Polizia. Un’omelia all’insegna dell’incoraggiamento a superare i limiti della nostra storia cittadina : Amore, Profezia e Perseveranza, sono le componenti di una simbolica App di S. Michele che oggi il Vescovo ha consegnato al Sindaco, agli amministratori e alle autorità che gremivano la cattedrale, ma anche a ciascun cittadino nisseno.
“Amare la nostra città significa rimboccarci le maniche tutti quanti-ha continuato-altrimenti questa città continuerà a perdere acqua quando c’è mancanza d’acqua. Perché Caltanissetta sta facendo acqua da tutte le parti, ma non è responsabilità di questa Amministrazione o di un’altra: non scarichiamo le colpe sugli altri.
Se Caltanissetta oggi è quella che è, non è solo per responsabilità di chi ha amministrato o amministra la città, ma perché abbiamo rubato amore a questa città. Noi non abbiamo amato la nostra città! Celebrare la festa di S. Michele significa tornare ad amare la nostra città, che non è un semplice dormitorio, ma è la nostra casa comune, è la nostra identità”.
Nel nome di S. Michele tutta la città si ritrova unita, con un punto comune di riferimento. Ma, ha proseguito il Vescovo, “Qual è la parte che compete a ciascuno di noi e a tutti noi insieme? Di cosa ha bisogno la nostra città? Innanzitutto di tanto Amore. E poi di Profezia: cioè la capacità di vedere lontano, di progettare a lungo termine. Non si può progettare soltanto per il tempo limitato in cui si amministra la città, è come rattoppare le strade di tante pezze. Bisogna progettare, avere lungimiranza, profezia.
Qual è il “verso dove” della nostra città? Come vorremmo che fosse Caltanissetta fra 20 anni, fra 30 anni? Cominciamo allora a costruire insieme, tappa dopo tappa. E ci vuole l’umiltà, da una parte di proseguire un lavoro già iniziato, se ben fatto, e dall’altra di gettare le fondamenta, di costruire una tappa perché altri, con umiltà, possano proseguire. Non possiamo inseguire le emergenze, perderemo sempre il treno. Ma se non abbiamo profezia tutto in questa città diventerà un monumento del passato. E non possiamo più fantasticare su quelli che eravamo, su com’era Caltanissetta. Adesso Caltanissetta è nelle nostre mani”.
“Dobbiamo Amarla questa città-ha concluso-dobbiamo avere Profezia e progettazione a lungo termine; e dobbiamo avere, ecco la seconda P, tanta Perseveranza, senza scoraggiarci, perseveranza. Poco ma con costanza, altrimenti faremo un altro monumento all’incompiuto.
Possa S. Michele darci l’audacia, la tenacia, il coraggio, la passione di amare la nostra città, di progettare una Caltanissetta vera, solidale, orgogliosa di sé, capace di scrivere ancora pagine straordinarie di storia”.