Nessuno tocchi Francesco d’Assisi

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di Rocco Gumina

Mi pare che con il discorso pronunciato da Giorgia Meloni ad Assisi in occasione della festa dedicata a San Francesco si sia definitivamente inaugurata una nuova stagione di interpretazione del dato “religioso-cattolico” in Italia assai distante da quella che in passato ha coinvolto diversi esponenti del centro-destra.

Infatti sembrano finiti i tempi in cui Matteo Salvini esponeva Vangelo e rosario come simboli delle nostre radici e tradizioni o quelli nei quali in tutte le pose e in tutte le mosse alti dirigenti di partito e figure istituzionali di primo piano dell’odierna compagine governativa mostravano i loro “atti di culto e di devozione” sui social.

L’operazione della presidente del Consiglio appare molto più strutturata e di certo di ben altro valore rispetto a quelle tentate nel passato anche recente. In genere il taglio della Meloni su queste tematiche è apparso attento ma al contempo azzardato poiché volto ad avvicinare, acquisire e assimilare una realtà – ora dell’insegnamento ecclesiale ora delle figure di santità – al fine di porla a sostegno della propria visione politico-culturale. Tanto il magistero della Chiesa quanto i credenti credibili del passato dovrebbero, invece, godere di totale autonomia – anche e soprattutto dalla politica – ovvero non meriterebbero di essere tirati, o stirati, per usi altri rispetto a quelli per i quali sorgono e si diffondono.  

In modo particolare sono rimasto assai colpito da due passaggi del discorso che la premier ha letto ad Assisi. Il primo riguarda il concetto di identità. Secondo la Meloni, Francesco è «una delle figure fondative dell’identità italiana» capace di ispirare «alcuni dei più grandi uomini di cui la nostra Nazione può fregiarsi». Di certo il poverello d’Assisi fa parte del ricco patrimonio storico e ideale della nostra comunità nazionale ma, alla luce della retorica identitaria dell’attuale maggioranza governativa quotidianamente declinata dal capo del Governo, con simili espressioni si rischia di prestare il fianco a quanti desiderano inquadrare il profetico Francesco fra le fila dei moderni patriottici e nazionalisti. In tal modo, il frate del Cantico delle creature fra qualche tempo potrebbe a sua insaputa ritrovarsi fra i fondatori indiretti di una destra nazionale che pare non trovar avversario politico in grado di impensierirla sul serio.

L’altro passaggio concerne il tema della pace. Dopo aver ricordato la straordinaria testimonianza di “operatore di pace” condotta da frate Francesco, la Meloni attraverso un volo pindarico in grande stile plana sull’attuale impegno degli USA – e a suo dire dell’Italia – teso alla costruzione e al mantenimento della pacificazione fra Israele e Palestina. In questo modo balza all’occhio e all’orecchio dell’osservatore concentrato la linea di continuità tracciata dalla presidente del Consiglio che a partire dal patrono d’Italia porta a Donald Trump e alla stessa Meloni. L’aver posto sulla medesima successione narrativa lo stile di Francesco con la realpolitik italiana e con la politica priva di punti di riferimento e di scrupoli del presidente degli Stati Uniti d’America è un’operazione volta a strumentalizzare una testimonianza la quale all’opposto servirebbe a fornire degli spunti per rinnovare dalle fondamenta lo scenario internazionale.

È fuor di dubbio che il ricordo della vita e del messaggio di Francesco annunci l’impossibilità sia di nuove forme di collateralismo politico-ecclesiale sia di strumentalizzazioni generate ad arte per svuotare dal di dentro un messaggio che piuttosto domanda a tutti il rinnovamento. Da questo punto di vista – e per rifarsi alle parole del poverello d’Assisi per il quale occorreva predicare il Vangelo prima con le azioni e poi con le parole – il capo del Governo in occasione della festa in onore di San Francesco avrebbe potuto annunciare un piano per occuparsi di politiche sociali e dei territori, delle aree interne, dei migranti, della fuga dei nostri giovani, dei poveri sempre più poveri in un’Italia ormai periferia del mondo, delle istituzioni scolastiche lasciate sole a presidiare i territori, del contrasto ad ogni forma di stupefacente, di corruzione e di organizzazione malavitosa, dei dazi americani che colpiranno molte aziende italiane.

Ne deduciamo allora che se il messaggio radicale della vita in Cristo vissuta da Francesco viene riletto e interpretato per tranquillizzare, conservare, solidificare, rallentare, tramandare si corre il rischio di perdere del tutto la carica profetica e alternativa che in ogni tempo il cristianesimo può donare alla politica. Carica profetica e alternativa che, come la storia ha più volte mostrato, non può ridursi o diluirsi dinanzi a letture assimilanti e di comodo.

Rocco Gumina

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