da Marco Fasciana riceviamo e pubblichiamo:
La partecipazione politica è, da sempre, il termometro della salute democratica di un popolo. Quando i cittadini si sentono ascoltati, coinvolti, valorizzati, la politica si trasforma in una palestra di responsabilità collettiva. Quando invece la distanza cresce, e i rappresentanti sembrano parlare una lingua diversa da quella del popolo, allora subentra la sfiducia, il disincanto, l’astensionismo. In quel vuoto si annida il peggio della politica: il trasformismo, la ricerca del potere fine a sé stessa, la rinuncia agli ideali in nome del tornaconto personale.
Jacques Maritain, filosofo cristiano tra i più acuti del Novecento, scriveva in L’uomo e lo Stato:
“La democrazia autentica deve essere ispirata da un ideale morale; se non lo è, si riduce a una meccanica vuota o a una mistificazione”.
Un avvertimento lucido e attuale, che ci spinge a riflettere sul valore della coerenza, della visione, del senso del bene comune.
La sfiducia: un virus silenzioso
In Italia, e non solo, la partecipazione politica è in caduta libera. Alle ultime elezioni amministrative, in molte realtà locali ha votato meno della metà degli aventi diritto. Un cittadino su due sceglie di non scegliere. Perché? Perché non si fida. Non si fida delle promesse, non si fida dei leader, non si fida delle sigle. Si sente usato, dimenticato, ingannato. E spesso non ha torto. La politica, troppo spesso, si presenta con il volto dell’interesse personale, delle alleanze improvvisate, dei voltafaccia che sanno di beffa.
Il caso Orgoglio Nisseno: da sogno civico a farsa trasformista
A Caltanissetta, questa dinamica ha avuto un caso esemplare: Orgoglio Nisseno. Un movimento nato con l’ambizione di offrire un’alternativa civica, concreta, radicata nella comunità. Un’onda nuova, che sembrava voler riportare la politica a casa, tra la gente. Il momento più alto fu l’adesione al progetto di Annalisa Petitto, figura capace di coniugare competenza e credibilità. Sembrava il punto di maturità del movimento: finalmente una visione, una direzione, un’identità.
E poi? Il tracollo. Il silenzio. Il caos.
Alla guida del crollo, un nome che oggi suscita più imbarazzo che consenso: Salvatore Licata. Ex leader del movimento, ex voce del civismo, oggi simbolo di quel “prima me” che ha avvelenato la politica. È stato proprio lui, con mosse confuse e calcoli opachi, a minare la stabilità interna. Non è stato un avversario, non è stato un complotto: è stata una deflagrazione interna. Tutti oggi lo sanno: Licata ha trascinato Orgoglio Nisseno nel ridicolo. E lo ha fatto da solo.
Ricordare un aneddoto, tra i tanti, lascia sbigottiti. Mi riferisco alle parole che si sentono nel video pubblicato da un il giornale on line, in cui Licata dice con solennità: “Noi saremo argine” salvo poi diventare ponte.
A sentirlo oggi, fa quasi tenerezza. Più che orgoglio, oggi resta solo un senso di vergogna. Il movimento si è liquefatto come neve al sole, i suoi membri si sono dispersi, ciascuno cercando di salvarsi. Una zattera abbandonata nel mare della sfiducia, costruita con carta e slogan.
Chi tradisce se stesso, perde tutto.
La responsabilità di Licata non è solo politica: è simbolica. Ha tradito non un partito, ma un’idea. Ha deluso i cittadini che avevano creduto in un’alternativa. Ha smantellato quel poco di entusiasmo che restava in una comunità già segnata da anni di disillusione. E tutto questo, per cosa? Per un posto? Per visibilità? Per il gusto effimero del potere?
“Chi vuol salvare se stesso, perderà tutto”, dice un detto antico. E nella parabola di Licata questa verità trova conferma. Orgoglio Nisseno ha tradito prima di tutto sé stesso, la sua stessa essenza, la promessa di coerenza. È diventato un castello di carte crollato al primo refolo di ambizione personale.
La politica deve tornare ad ascoltare, a radicarsi, a farsi carico. I cittadini devono pretendere trasparenza, serietà, coerenza. Devono diventare protagonisti, non più comparse.
La vita democratica ha bisogno di anime, serve la coscienza del dovere civile.
Senza questa coscienza, la politica è solo teatro.
Il tradimento di Orgoglio Nisseno è un monito. Ma non deve diventare una condanna. Ogni comunità può e deve ripartire dai suoi cittadini migliori. Con più umiltà. Con più coraggio. E, stavolta, con un po’ meno Licata.
Marco Fasciana
Ex componente del Direttivo di Orgoglio Nisseno