Questa mattina abbiamo trovato nella posta della redazione un comunicato dell’on. Michele Mancuso sulla crisi idrica, intitolato “Faraone non faccia populismo, si preoccupi di fare politica nella sua città”, in riferimento ad una serie di critiche che Davide Faraone, deputato al Parlamento nazionale, aveva avanzato sulla gestione della crisi idrica alle amministrazioni comunale e regionale.
L’incipit del comunicato ribadisce “Al posto suo mi preoccuperei di fare politica nella sua provincia, piuttosto che fare populismo, dato che a Palermo mi risulta che si hanno perdite nella rete idrica che superano i mille litri al secondo. Mi chiederei cosa è stato fatto per la sua città nei dieci anni in cui riveste un ruolo al Parlamento”.
Sarebbe troppo facile eccepire che secondo questo principio il nostro parlamentare regionale dovrebbe occuparsi soltanto dei problemi di Milena e non mettere il naso in una città in cui peraltro soltanto da pochi mesi risulta particolarmente assiduo nel seguirne le vicende. Non è questo il nostro pensiero, anche se da decenni Caltanissetta soffre della mancanza di rappresentanti parlamentari pienamente “indigeni” e legati al territorio dalla propria storia personale oltre che dagli interessi politici. Ma gli elettori hanno scelto gli “immigrati” e non ha senso mettere in discussione questa volontà.
Non desideriamo entrare nel merito di questa polemica, abbastanza oziosa e inspiegabile visto che non siamo in campagna elettorale, ma siamo preoccupati della sgrammaticatura giuridica e costituzionale che un rappresentante di questa provincia nel parlamento più antico del mondo ha rivelato.
I parlamentari della Repubblica italiana sono eletti “senza vincolo di mandato” (art. 67 della Costituzione), il che non significa soltanto che non devono sentirsi vincolati o eterodiretti da partiti o lobby di interessi che pure possono avere concorso alla loro elezione, ma soprattutto significa che ogni parlamentare rappresenta non soltanto né prioritariamente gli elettori del territorio in cui è stato eletto, ma tutti i cittadini della Repubblica, perché è solo all’interesse generale che deve informare la propria azione.
Si superava così, con questo articolo della Costituzione, l’impianto notabilare dell’Italia post-unitaria, quando i collegi uninominali che eleggevano i deputati diventavano la base del trasformismo degli eletti, che, perdendo di vista ogni visione complessiva dei problemi del Paese, disinvoltamente “scambiavano” con il Governo in carica il proprio voto favorevole, senza nessun riferimento alla coerenza di valori e di programmi che, in teoria, dovrebbe qualificare l’operato dei rappresentanti del popolo.
È un principio antico del diritto costituzionale, vigente in tutto l’Occidente democratico, che risale a prima della Rivoluzione Francese, quando Edmund Burke, parlamentare inglese, (e in Gran Bretagna si vota per collegi uninominali), nel 1774, rivendicava il ruolo del Parlamento: “Il parlamento è assemblea deliberante di una nazione, con un solo interesse, quello dell’intero, dove non dovrebbero essere di guida interessi e pregiudizi locali, ma il bene generale”.
Sicuramente ai deputati regionali non è richiesta la conoscenza dei principi costituzionali con obbligo di legge, però, visto che il loro status e soprattutto il loro trattamento economico è equiparato, per legge, a quello dei Senatori della Repubblica, sarebbe auspicabile che non solo ne fossero a conoscenza, ma soprattutto che evitassero di scivolare in sgrammaticature così clamorose, perché l’effetto che provocano è quello di involgarire il dibattito pubblico, potenziare l’analfabetismo politico e demolire nell’opinione pubblica la cultura costituzionale, fondamento irrinunciabile della nostra democrazia.
Ben altro stile ha dimostrato il sindaco Tesauro che, pur irritato dalle critiche dell’on. Faraone, lo ha invitato a proporre soluzioni positive rispetto all’emergenza idrica e non ha travalicato i limiti delle funzioni che ogni politico e amministratore dovrebbe conoscere ed interiorizzare.
Il richiamo al localismo provincialistico ha avuto invece il sapore di una reazione stizzita ad una presunta “invasione di campo” che Faraone avrebbe osato in un “territorio” che non è il suo.
I toni esasperati dell’on. Mancuso di questi tempi, peraltro, sono abbastanza inspiegabili, visto che con l’elezione del Sindaco Tesauro ha lanciato un’OPA sulla città di Caltanissetta, corredata da due assessori di sua espressione, che detengono con le loro deleghe tutte le chiavi principali del potere amministrativo, e soprattutto visto che nelle ultime elezioni regionali egli stesso ha registrato un notevole successo in termini di consenso personale, nonostante il suo stile comunicativo fosse sempre stato essenziale, pacato, equilibrato, in una parola “moderato” come lo schieramento politico in cui si riconosce richiede.
Da qualche tempo lo ritroviamo invece “trumpiano”, sopra le righe, aggressivo, astioso contro i giornalisti, con delle espressioni che non si addicono allo stile istituzionale, quanto meno europeo. O forse il “contagio” del populismo americano ha travolto le difese immunitarie della sua buona educazione occidentale, dissolvendo quello stile understatement che è stato finora il suo pregio principale?
Ci auguriamo di essere smentiti dai fatti. I problemi delle nostre emergenze hanno bisogno di una classe dirigente capace di risolverli, non delle parole avvelenate della propaganda.