ANGELO LA ROSA SOGGETTISTA DEL DOCU-FILM SUI CARUSI DI ZOLFARA

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INTERVISTA AD ANGELO LA ROSA AUTORE DEL SOGGETTO DEL FILM “IL SOLE NELL’ABISSO”

La prima assoluta ai Giardini dell’Acqua Paola, sopra il Fontanone del Gianicolo, del docufilm “Il Sole nell’Abisso”, è stata un grande successo di pubblico e di critica, che ha riportato all’attenzione della contemporaneità la storia drammatica dei “carusi” delle zolfare siciliane, che con il loro sacrificio hanno costruito per due secoli la ricchezza della società dei potenti, dilapidata in pochi decenni nel secondo ‘900.

Quella memoria era stata rimossa, rifiutata da una società che non voleva ricordare una pagina vergognosa della propria storia, negando doppiamente onore e dignità alle migliaia di bambini e ragazzi, derubati della propria infanzia, che aveva dato spesso anche la vita nel buio delle gallerie.

Il figlio di uno di loro, il geologo nisseno Angelo La Rosa, ha scritto prima un romanzo breve “Storia di Peppe, caruso di Trabia”, dedicato alla storia di suo padre, e oggi il soggetto del docu-film “Il Sole nell’abisso” che ha incantato pubblico e giornalisti nella serata magica del Gianicolo a Roma.

Gli abbiamo chiesto di darci la sua lettura del film.

“Il film si apre con la straordinaria sfumatura blu-azzurra dell’iride del piccolo Carlo Bonsignore, che dà avvio a un contagio emotivo facilmente leggibile negli occhi di tutti, fino all’ultima nota della colonna sonora del Vittorio Montella. Carlo, il giovanissimo protagonista, riesce brillantemente ad entrare nel ruolo di Peppe, facendone rivivere la triste storia di caruso di pirrera, privato alla tenera età di sette anni della sua infanzia per la scellerata pratica del “soccorso morto”.

La conclusione del film si svolge in un corto circuito spazio-tempo di grande impatto emotivo, proprio sulla bocca della discenderia della miniera di Gabara, da anni recuperata e resa un luogo significativo della memoria e della cultura del nostro territorio

“L’emozione raggiunge l’acme quando, sulla soglia/’mmuccatura della discenderia, il giovane attore incrocia lo sguardo del geologo dai capelli bianchi che, recuperando e valorizzando le zolfare di Gabara, lo ha finalmente liberato dall’oblio della centenaria prigionia dell’oro del diavolo. Quell’uomo canuto è suo figlio. Peppe ha lasciato a Gabara, sulla ‘mmucatura della recuperata discenderia della zolfara Persico, la camicia di Ciaula, per correre a vivere la sua libertà negata tra i filari di vigna, perché il sole è finalmente riuscito a dare luce all’abisso”.

Come è nato materialmente il progetto del film?

“L’idea del docu-film nasce da una visita casuale del regista Giovanni La Rosa a Gabara, insieme alla giornalista di RAI2 Silvia Squizzato, che, carica di emozioni, decideva di realizzare un servizio andato poi in onda su “Sì viaggiare”. Dopo qualche giorno mi ha chiamato il regista proponendomi di scrivere un soggetto. Tanto è ormai stato scritto sui carusi di li pirreri, ogni volta evidenziando la drammaticità della loro vita. Prendendo spunto dal mio libro “Storia di Peppe caruso di Trabia” e dal mio impegno per il recupero di Gabara, ho buttato giù un soggetto che, coniugando le due cose, tramutasse la logorata drammaticità in un messaggio di vera speranza

Il soggetto del film “Il cammino della speranza” era basato su “Cuori negli abissi”, un romanzo del nostro scrittore Nino Di Maria. Voi avete parlato invece del Sole negli abissi. Sembrerebbe un ossimoro, ma non lo è.

“Fare entrare il sole negli abissi delle zolfare significa ri-portare “i dimenticati” alla memoria delle nuove generazioni, per non farli morire due volte. E il regista Giovanni La Rosa è riuscito a dare anima e parola al prodotto cinematografico, accompagnato da emozionanti note musicali.

Il Sole nell’Abisso è un messaggio di speranza, su cui si può costruire futuro. Se riusciamo a valorizzare ciò che rimane nel nostro territorio a testimonianza della civiltà mineraria, depositaria delle radici di tante famiglie dell’entroterra, e a raccontare sui luoghi le storie antologiche vissute, come facciamo oggi a Gabara, libereremo dall’oblio tanti carusi, consegnandoli alla memoria delle future generazioni”.

Dopo la prima assoluta a Roma vedremo il docu-film anche a Caltanissetta?

“Certamente, volentieri. Tra qualche settimana penso che sarà possibile riportare i “carusi” nella loro terra, che oggi non vuole più dimenticarli”.

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