Il referendum dei diritti sociali: democrazia e lavoro

Tonino Cala
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Oggi, nel mondo globalizzato e della internazionalizzazione dei diritti-doveri, dei prodotti e del loro consumo, si può teoricamente affermare che tutti gli uomini siamo uguali (diritti civili) e diversi (umanamente, soggettivamente). Molti esseri umani sono privi di tutele e di alcuni diritti vitali che concretamente non vengono riconosciuti.

Chi contesta i governi, usa lo stesso slogan di sempre, refrain di un’umanità resiliente: “Desidero lottare per l’altro perché l’altro mi fa più ricco!”. Non è una questione ideologica di destra o di sinistra. È giusto lottare per un mondo più giusto.
Molti pensano: “Ma io sto bene! per quale motivo mi devo occupare e preoccupare degli altri?”. Questo è il mondo contemporaneo nel quale viviamo! Diversamente, se io sto bene perché non bisogna desiderare di fare stare bene gli altri?

Il buon Samaritano non crede nel comandamento obbligato della divinità ma aiuta il suo prossimo perché si sente arricchito donando sé stesso! Aiutare quando si può per essere umani. Restiamo umani. Nei fatti, le donne e gli uomini sono dotati di una pulsione solidaristica che aiuta e si fa dono nei confronti dell’altro.

La capacità socioaffettiva è ricchezza. Penso alle tante persone che si occupano di volontariato e lo fanno sul serio. Penso al generoso altruismo dei singoli che viene praticato in silenzio e senza darne notizia!
E perché mai bisognerebbe dare cattive notizie all’esterno, forse per aumentare le vendite dei giornali e l’audience di Tv e social? Vallo a spiegare alle menti raffinate, quelli che si credono colti per disperazione!

Poi c’è una pulsione securitaria (spesso collocata a destra) che è rigida chiusura all’altro, pregiudizio ed esclusione dell’altro, muro da ergere contro l’altro diverso da me. Da molto tempo viviamo in un mondo attraversato da guerre secolari e dalle novità delle conquiste progressiste nel campo socioeconomico.

Vi sarebbe un’etica universalistica del bene comune che genera e istituisce un umanesimo integrale che sa armonizzare le diversità individuali e ricomporre le controversie sociali. Per noi, la “società aperta” si identifica con il pensiero social liberale e la sua prassi di governo che sia capace di conciliare le necessarie istanze del libero mercato con le convenienti istanze dell’equità giuridica, economica, politica, premessa per potere realizzare la giustizia sociale su questa terra.

Non è cosa di poco conto. Non è utopia e, se lo è, ne abbiamo bisogno. Riusciamo ad essere cittadini del futuro, capaci di esprimere una sensibilità sociale contro le distorsioni del mercato del lavoro e le disuguaglianze che lo stesso crea?

I quesiti referendari chiedono ai cittadini di fare fronte alle storture dell’arbitrarietà padronale e capitalistica di un’imprenditoria spesso non accorta e vittima della propria eccessiva avidità.
Una gens al comando vocata unicamente al profitto, che è privo di un valore sociale del lavoro, giustappunto una deriva predatoria di segno neoliberistico.

E gli imprenditori cosa dicono? “Noi creiamo ricchezza e posti di lavoro, fateci fare, senza lacci e lacciuoli, la parola d’ordine è la deregulation, togliere le regole etiche”.
Poco ci manca e ci chiederanno di essere santificati.

Non è in questione la giusta rivendicazione dell’imprenditore a investire i propri capitali e di conseguire dei profitti personali; ma che siano realizzati i profitti entro un quadro di tutele democratiche sancito dalla nostra Costituzione, a difesa delle libertà e della dignità di tutti i lavoratori.

E non ultimo, il quinto quesito referendario, che riconosce la cittadinanza agli stranieri che abitano e lavorano in Italia dopo i 5 anni e non dopo i 10 della precedente norma legislativa.

Nella nazione cattolica della cristianità apostolica romana, impreziosita da una meravigliosa Costituzione, i “fratelli” e i “cittadini” non sono tali se hanno un colore della pelle diverso dal mio: bianco, solo bianco. E se non parlano la mia lingua a volte sgrammaticata: l’italiano. E se non hanno la fede nel Dio della guerra e delle divisioni! E se non desiderano la pace e l’uguaglianza di popoli simili e amici per comune umanità, unica ragione fondante della democrazia e della vita.

Troppi se per essere democratici, liberali e umani.

L’8 e 9 giugno andate a votare: è un vostro diritto, è uno nostro diritto. La vera democrazia non può attendere! E non può attendere la libertà di tutti!


Tonino Calà

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