La Nakba palestinese, una ferita aperta

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Per Israele il 1948 è la guerra d’indipendenza, una vittoria epica. Per i palestinesi invece è la Nakba, la catastrofe: perdita di terra, identità, dignità e futuro

(Rainews.it) Nel 1948 la Palestina divenne teatro di un dramma che avrebbe segnato generazioni: la Nakba, la “catastrofe”. 

Fu l’esodo forzato di oltre 700.000 palestinesi, cacciati o fuggiti dalle loro case durante la guerra arabo-israeliana seguita alla nascita dello Stato di Israele, e mai più tornati. Interi villaggi furono rasi al suolo, famiglie spezzate, ulivi sradicati. Per i palestinesi, la Nakba non è solo un evento storico, ma una ferita viva, un lutto collettivo tramandato di generazione in generazione.

Israele/Palestina: uomini, donne e bambini palestinesi cacciati dalle loro case dalle forze israeliane, 1948

Israele/Palestina: uomini, donne e bambini palestinesi cacciati dalle loro case dalle forze israeliane, 1948 (Getty)

La genesi della Nakba risale al 1947, quando l’ONU approvò il piano di partizione con la “Risoluzione 181”, dividendo la Palestina mandataria in due stati: uno ebraico e uno arabo. 

Gli ebrei, reduci dall’Olocausto e spinti dal sionismo, accettarono; i palestinesi, che costituivano il 67% della popolazione, lo rifiutarono, vedendolo come un’espropriazione. La tensione esplose. 

Nel 1948, con la dichiarazione d’indipendenza di Israele, gli eserciti dei Paesi arabi confinanti intervennero, ma furono sconfitti. Durante il conflitto, milizie ebraiche come Haganah e Irgun, e poi l’esercito israeliano, condussero operazioni che portarono alla distruzione di oltre 500 villaggi palestinesi. Il massacro di Deir Yassin, il 9 aprile del 1948, dove furono uccisi circa 100 civili, divenne simbolo di terrore, spingendo molti a fuggire.


In una lettera al New York Times pubblicata il 4 dicembre 1948 Albert Einstein, Hannah Arendt  e altri esponenti della comunità ebraica statunitense condannarono il massacro di Deir Yassin e definirono “Fascisti, nazisti, terroristi” nell’ideologia, nell’organizzazione e nei metodi sia Menachem Begin, comandante dell’Irgun che aveva perpetrato la strage, sia il partito Tnuat Haherut  (il Partito della Libertà), di cui lo stesso Begin era leader.
 

Palestinesi migrano verso aree più sicure con pochi beni mentre Israele impone lo sfollamento ai palestinesi nel nord della Striscia di Gaza, a Rafah, Gaza

Palestinesi migrano verso aree più sicure con pochi beni mentre Israele impone lo sfollamento ai palestinesi nel nord della Striscia di Gaza, a Rafah, Gaza (Getty)

La Nakba non è solo storia. 

È un trauma transgenerazionale, rievocato ogni 15 maggio. È nei racconti delle nonne che descrivono i villaggi perduti, nei poemi di Mahmoud Darwish. È anche un simbolo politico: la lotta per il ritorno e per uno Stato palestinese si nutre di quel lutto. 
Settantasette anni dopo, resta una ferita aperta. Per i palestinesi è la radice della loro resistenza; per il mondo, una sfida irrisolta, dove giustizia, pace e convivenza sembrano ancora lontanissime, ancor di più dopo oltre 18 mesi di guerra e di massacri.

Palestinesi migrano verso aree più sicure con pochi beni mentre Israele impone lo sfollamento ai palestinesi nel nord della Striscia di Gaza, a Rafah, Gaza

Palestinesi migrano verso aree più sicure con pochi beni mentre Israele impone lo sfollamento ai palestinesi nel nord della Striscia di Gaza, a Rafah, Gaza (Getty)

Fonte: Rainews.it

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