di ROBERTO MISTRETTA
La moderna Stonehenge del Vallone non richiama milioni di visitatori come avviene nello Wiltshire, in Inghilterra, terra di druidi, ma al contrario continua a suscitare indignazione tra quei pochi turisti che amano e scoprono la Sicilia interna e i suoi agresti paesaggi.
E poi, una volta arrivati qui dopo aver percorso strade impossibili, si ritrovano davanti orridi piloni in calcestruzzo che sfregiano la pace bucolica di queste terre fertilissime e ricordano al mondo intero la vergogna di ben 35 miliardi delle vecchie lire sperperate per una strada a scorrimento veloce, la Mussomeli/Caltanissetta, mai realizzata, tranne per quel primo lotto.
Una vergogna tutta nostrana che vede ancora oggi i tanti agricoltori e possidenti terrieri recriminare contro gli sperperi dei soldi pubblici. Agricoltori e proprietari terrieri che a tutt’oggi si ritrovano con quei megaliti di calcestruzzo che come giganti di pietra guardano inutilmente da quasi quarant’anni verso il cielo. E, visto che non sosterranno mai nessuna strada, sono destinati a restare inutili fintanto che, chissà quando, non crolleranno al suolo come titani abbattuti da Cronos.
Una vergogna che pochi anni addietro finì perfino sulle pagine della testata giornalista più famosa al mondo, il New York Times. Cose dell’altro mondo, insomma, verrebbe da dire con un sorriso, se solo ci fosse da ridere. E invece viene da piangere e da indignarsi. Ieri come oggi.
Di fatto, il New York Times, ospitando un articolo sulle italiche incompiute, parlò dei piloni in calcestruzzo che da queste parti vengono etichettati come “Moderni Stonehenge”, richiamando appunto il sito neolitico noto nel mondo per i suoi megaliti che si levano verso il cielo.
Con un articolo a firma di Merrell Hambleton, il New York Times raccontò l’esperimento dell’artista palermitano Andrea Masu e del collettivo Alterazioni Video a caccia delle “rovine” disseminate nel nostro Belpaese.
Il quotidiano statunitense parlò appunto dei simboli di quello che agli occhi di chi ci guarda “da fuori” sembra essere quasi diventato uno stile artistico, “l’incompiuto italiano”. E, manco a dirlo, quel viaggio era iniziato proprio dalla nostra Sicilia, regione ricchissima di opere mai ultimate e spesso sovradimensionate.
Ad aggiudicarsi la non certo meritoria corona di capitale del “non finito” era stato il comune di Giarre, in provincia di Catania. Ma tra le altre opere siciliane messe in fila una per una tra quelle mai completate, ecco i piloni dell’infamia, la Stonehenge della terra del Vallone.
Eppure già vent’anni addietro tutti i sindaci della zona s’erano ritrovati a Mussomeli, la cosiddetta capitale del Vallone, e avevano preso una decisione storica: “Utilizzare i rimanenti quattrini accantonati, circa 25 miliardi delle vecchie lire, sulla strada del sale per ammodernale e renderla sicura”.
Insomma, via quei piloni che deturpano un paesaggio agreste che sa di campi di grano e colline verdeggianti, e sì ai lavori sulla strada del sale (la Sp 23) per costruire ponti e sistemare banchine, cunette e segnaletica.
Tutti concordi nel dire basta a una viabilità inesistente che si appella a mega progetti mai giunti a termine e avanti tutta per rendere moderne le strade esistenti. Nessun’opera ultramilionaria ma un impegno serio e concreto per garantire a tutti il diritto di muoversi in tempi celeri e su strade degne di tal nome.
C’erano sindaci, presidenti di consiglio, assessori comunali di tutto il circondario: Acquaviva Platani, Bompensiere, Campofranco, Marianopoli, Milena, Montedoro, Serradifalco, Sutera, Vallelunga Pratameno e Villalba. E Mussomeli, ovviamente. Era il 23 novembre del 2003.
Da allora sono passati quasi quattro lustri e siamo arrivati all’autunno del 2024, ma nulla è cambiato, semmai la situazione è peggiorata, tant’è che una galleria viene ciclicamente adoperata come una megadiscarica e nessuno che parla più di cosa fare di quelle strutture in calcestruzzo che ricordano un immane spreco di pubblico denaro. Denaro di tutti noi.
Una immensa cattedrale nel deserto di cui a imperitura ignominia rimangono quegli orridi piloni che non solo deturpano ma rappresentano l’emblema allo spreco più vergognoso di pubblico denaro. Una vergogna di cui perfino gli americani ne sono da anni a conoscenza
Roberto Mistretta
Foto di Antonio Navarra scattate con il drone


