Si è svolto oggi a Palermo il 10 dicembre, presso la sede dell’Assessorato regionale all’Istruzione, un incontro sul dimensionamento scolastico, che prevede per l’anno scolastico 2025/26 la soppressione di 23 autonomie.
Nella provincia di Caltanissetta, in aggiunta alle 4 autonomie già soppresse nel 2024/2025, sono previste due ulteriori soppressioni: a Gela si prevede l’accorpamento dell’I.T.T. Morselli con l’I.I.S. Sturzo, mentre a Caltanissetta l’I.I.S. Sen. A. Di Rocco verrà accorpato all’I.P.S.I.A. Galileo Galilei.
Su questo la CGIL (Federazione Lavoratori della Conoscenza) ha espresso netta contrarietà in un comunicato: “Tutto ciò, come sottolinea il segretario della FLC CGIL Caltanissetta, Diego Stagno, non farà altro che creare scuole sempre più complesse, gestite con meno personale ATA.
Queste modifiche sono state approvate con il solo voto contrario della FLC CGIL Sicilia e della Consulta degli studenti. La FLC CGIL Sicilia, rappresentata dal segretario Adriano Rizza, ha espresso una netta contrarietà a questo ulteriore ridimensionamento, definendolo un colpo gravissimo al diritto allo studio e alla qualità dell’istruzione pubblica nell’isola.
Inoltre, come noto, per ridurre le spese, in linea con la politica che ha portato al dimensionamento scolastico, il governo ha deciso di applicare la riduzione del turn over del 25% nel settore pubblico, una misura che nella scuola comporterà un taglio di 5.660 posti nell’organico docente e di 2.174 unità di personale ATA.
Il segretario Diego Stagno ha continuato spiegando che la decisione avrà come effetto una diminuzione di personale, la creazione di strutture scolastiche inadeguate e un impatto negativo sulla qualità dell’insegnamento, con ricadute dannose sulla dispersione scolastica.
L’aumento della complessità degli istituti non porta nessun vantaggio, anzi crea solo disagi sia per gli studenti che per il personale.
La FLC CGIL ha chiesto e continua a chiedere con forza il ritiro del piano di dimensionamento e l’avvio di un confronto costruttivo con il Ministero dell’Istruzione e le istituzioni regionali, al fine di garantire un sistema scolastico pubblico inclusivo e di qualità”.
Fin qui il comunicato della CGIL, contraria al dimensionamento taglia-scuole.
Si omette però di indicare chi sarà ad avvantaggiarsi, economicamente e in maniera rilevante, da questi accorpamenti: i dirigenti scolastici, che aggiungeranno indennità legate al numero dei plessi gestiti, oltre che al numero degli studenti, cumulando i benefici che sono legati all’idea di scuola-azienda.
Un’idea che, una volta affermatasi in Italia ai tempi morattiani-gelminiani dei governi di centro-destra, e colpevolmente irrobustita dalla “buona scuola” di renziana memoria, ha introdotto nella scuola la logica della concorrenza rispetto agli “utenti”, distruggendo la serietà degli studi a vantaggio di una politica dell’immagine, che rende più “competitivo” un istituto sul mercato del territorio, e collega più o meno inconfessabilmente le valutazioni finali alla necessità di non perdere classi, organici, e soprattutto il numero di alunni che garantisce l’autonomia dell’apparato. I dirigenti, in questa visione, sono stati privilegiati per potere esercitare su docenti e studenti la funzione di “controllo sociale” che neppure la riforma Gentile aveva ipotizzato in questa misura.
La scuola non è un servizio a domanda individuale, rispetto al quale i conti costi-benefici devono rispondere innanzitutto a criteri di economicità ed efficienza formale. È una comunità educante che semina le premesse della libertà di pensiero critico e della capacità di leggere la complessità del reale, e che per questo ha tempi e metodi che non possono essere quelli della catena di montaggio dei “Tempi moderni” di Chaplin.
Al centro della scuola ci deve essere la persona dello studente, la sua formazione completa, disciplinare ma anche civile, affettiva, emotiva, il soggetto della democrazia che la nostra Costituzione ha delineato, educato al rispetto, non all’obbedienza, valorizzato nelle differenze di cui è portatore.
Le scuole-pollaio con dirigenti-gabelloti e docenti umiliati dalla precarietà costruiscono una società diversa da quella pensata dalla Costituzione: la società degli analfabeti funzionali di cui proprio ieri i dati dell’OCSE hanno dato un risultato allarmante: più di un terzo degli italiani non è in grado di comprendere un testo scritto che pure sa leggere, non è in grado di risolvere problemi logici e neppure di fare calcoli semplici.
Sarà una società di automi obbedienti, che non sono in grado di decodificare la valanga di informazioni in cui sono immersi, non sapranno distinguere il vero dal falso, ansiosi e insicuri, base ideale per ogni populismo autoritario, non essendo più capace di riconoscere e di esercitare la propria libertà e la propria e altrui dignità.