STRADE E FANGO: LA SICILIA CHE AFFONDA

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di ROBERTO MISTRETTA

Gli anni si sommano agli anni, il tempo passa, come la vita, come i governi regionali che si alternano con casacche e colori politici diversi, ma i problemi viari restano. Ieri come oggi.

E se indubbiamente i rovesci temporaleschi dei giorni scorsi hanno riversato copiose piogge in poche ore sulle campagne assetate, non si può continuare a rassegnarsi e a dare la colpa al cielo se un paio di burrasche riportano il Vallone all’età della pietra, con strade invase da fanghiglia e pietrisco che rendono pericolosissimo viaggiare, ma anche con interi tratti chiusi al transito perché impraticabili.

È sempre la solita storia trita e ritrita.

E come sempre a pagarne le spese maggiori sono i pendolari del lavoro, gli ammalati e a breve lo saranno anche gli studenti che giornalmente torneranno a viaggiare, ma vorremmo dire ad avventurarsi, lungo le strade provinciali tra Mussomeli e Caltanissetta e i paesi del Vallone.

Anni fa un pullman di studenti finì fuori strada a causa del fango lungo la Sutera-Mussomeli.

Benvenuti al Sud vorremmo dire, richiamando il titolo di un fortunato film che celebra le bellezze del nostro meridione, ma qui ci ritroviamo in terre di frontiera, terre dimenticate, non certo da tutti, ma da buona parte da chi potrebbe e non fa.

Da chi dovrebbe e se ne frega.

Da chi ha il dovere ma se ne dimentica e come è ben noto, nella pubblica amministrazione le responsabilità ricadono sempre su qualcuno. Sull’ultima ruota del carro si diceva una volta.

Un carretto impantanato nel fango, verrebbe da scrivere.

Sedici anni addietro, settembre 2008, proprio in giorni come questi a Mussomeli, durante la partecipatissima festa della Madonna dei Miracoli, il vescovo Mario Russotto esortò: Popolo di Mussomeli svegliati, basta subire con rassegnazione: non è più tollerabile che nel terzo millennio questa città rimanga isolata per mancanza di collegamenti e una strada franata oltre tre anni fa sia ancora chiusa

In quell’occasione Mons. Russotto sottolineò il disagio dei tanti che giornalmente viaggiavano sulla disastrata Mussomeli-Caltanissetta, senza dimenticare i più deboli come gli ammalati, costretti a fare su e giù lungo un tracciato più adatto alle capre che non agli esseri umani.  

La strada in questione poi venne aperta e dallo scorso anno sono in corso dei lavori di sistemazione per milioni e milioni di euro. 

Eppure appena piove ecco il disastro.

E di fronte a questo sfascio viario diventa utopistico ipotizzare uno sviluppo commerciale del territorio e di turismo.

Uno sfascio che è sotto gli occhi di tutti. Basta compiere un giro lungo il tracciato del Vallone per toccare con mano il dissesto del territorio dopo l’ultimo temporale di pochi giorni addietro.

Non solo la Mussomeli-Caltanissetta ma tutte le strade provinciali del territorio registrano problemi, alcuni gravissimi: la Mussomeli-Sutera, la Mussomeli-Marianopoli, la Villalba-Vallelunga, la Mussomeli-Bompensiere-Milena e si potrebbe continuare a lungo.  

E senza strade non c’è futuro. E senza futuro una comunità muore.  Ma per capire davvero  bisogna percorrerle queste strade. Bisogna ritrovarsi imprigionati sulle proprie auto e sentire pioggia e fango e pietre sbattere con violenza contro la carrozzeria mentre dal cielo vengono giù grosse gocce e dalle campagne circostanti viene giù di tutto.

Bisogna sentire il cuore in gola per capire cosa significhi vivere in questo modo. Bisogna provare sulla propria pelle cosa significa vivere nel sud del sud del sud. 

Le strade? Certo ci sono le curve, ma il panorama è davvero stupendo ci disse anni fa col suo accento toscano e la c aspirata Lamberto Dini, che durante una campagna elettorale viaggiò da Caltanissetta sino in queste lande per raccogliere voti.

Da trent’anni ne scriviamo e denunciamo come i sindaci, anelli deboli di una catena politica non certo di cui andar fieri, ma anche alcuni preti col vescovo in testa, come già scritto e qualche sparuto e isolato comitato pro viabilità, fanno sentire la loro voce e denunciano lo stato vergognoso in cui vengono lasciate le strade provinciali del Vallone. 

E giova ricordare che anni addietro, pur di ridare dignità ad una strada provinciale costellata di buche e avvallamenti, anche i sindaci si improvvisarono operai e nonostante le fasce tricolore al petto, lavorarono sodo sotto il sole cocente e collocarono una decina di metri cubi di conglomerato bituminoso pagato di tasca propria sulla provinciale 112, via privilegiata per l’accesso all’autostrada Palermo- Catania, svincolo di Resuttano, che interessa le comunità di Acquaviva Platani, Marianopoli, Mussomeli, Villalba e Vallelunga Pratameno. 

E bene ha fatto anche un altro sindaco a far viaggiare un assessore regionale che arrivava da Palermo, da Resuttano a Tudia, e da Villalba sino a Mussomeli, facendogli provare sulla propria pelle cosa significhi vivere qui. Qualcosa sul quel tracciato si fece. Ma è la visione d’insieme a mancare, a difettare.

Eppure lo scriviamo da sempre: viabilità, sanita, scuole, sono servizi primari che non hanno coloro politico. O almeno non dovrebbero averne.

Sono servizi che dovrebbe essere garantiti a prescindere, ma da noi non è così.

Questo è il territorio dove esistono strade di appena 6 km che sono costate ben quaranta milioni di euro e vent’anni di lavoro, ma sono state chiuse al transito neppure due anni dopo essere state aperte, come nel caso della provinciale Mussomeli-San Giovanni Gemini che ricade in buona parte in territorio di Agrigento. Oggi è di nuovo percorribile (sono stati spesi parecchie altre centinaia di migliaia di euro per riaprirla), ma quando piove bisogna procedere con molta prudenza vista la fortissima pendenza.

Così come più e più volte è franata la strada provinciale Cordovese-Fondavalle, anch’essa appena dopo l’apertura. Da allora è stato un continuo ricorrere a interventi tampone. Anche su questa bretella bisogna transitarci con le proprie auto per capire. E non parliamo della pendenza.

Diciamolo fuori dai denti insomma, la valorizzazione del territorio non è mai stato un obiettivo primario. Pochi ci hanno creduto e ci credono.

E lo stesso per il consolidamento del sistema viario. Ed ecco frane a iosa, cedimenti, avvallamenti, mura crollate. E nessuno interviene e, quando e se si interviene, si tratta sempre di interventi tampone e mai risolutivi.

Chissà perché. O forse lo sappiamo tutti molto bene i perché.

Anno dopo anno e la terra viene giù come ricotta coi temporali.  Il disastro viario del Vallone è sotto gli occhi di tutti e con l’arrivo del prossimo inverno sarà peggio. E quel che è peggio, si registra troppa rassegnazione. Troppa indifferenza. Troppo menefreghismo.

Un esempio banale ma che dà la portata di uno stato di fatto generalizzato. Lungo la sp Mussomeli-Caltanissetta sono in atto gli attesissimi lavori di rifacimento, frutto del Patto per il Sud. Dopo anni di un iter lunghissimo, ci sono milioni a go go disponibili. Ebbene, perché nell’attesa di transitare su una strada più decente, nessuno si preoccupa di fare sistemare con due carriole di malta (‘mpastu) le insidiosissime scaffe sul ponte di Bailey? E dire che su quel ponte militare transitano proprio tutti. E allora?

A noi la risposta!

Roberto Mistretta

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