di Ludovico Falzone
In questi giorni di fermento per l’imminente elezione del Papa, persone provenienti da tutto il mondo affollano piazza S. Pietro e Via della Conciliazione. Un’atmosfera diversa che non si respirava da un po’, ma soprattutto domina tra la folla una commistione di sentimenti tra il lutto per la scomparsa di Papa Francesco, – nonostante siano terminati i novendiali, – e le ipotesi su chi sarà il successore di Pietro. Due sono gli schieramenti che polarizzano le preferenze dei fedeli sulla base dell’atteggiamento e dell’orientamento pastorale, dottrinale e sociale dei cardinali dai quali dipenderà il futuro della Chiesa: i “conservatori” e i “progressisti”.
Le caratteristiche dei primi vertono più su temi come la difesa della dottrina tradizionale, la cautela verso riforme liturgiche, l’enfasi sulla disciplina ecclesiastica, l’interpretazione rigida della morale sessuale e familiare, una maggiore attenzione all’autorità papale e gerarchica, insieme ad una posizione più critica verso la modernità o il relativismo culturale.
I “progressisti” si distinguono, invece, per l’apertura a riforme liturgiche, maggiore attenzione ai temi sociali (poveri, ambiente, migranti), una promozione del dialogo interreligioso ed ecumenico, un’attenzione maggiore sulla misericordia più che sulla disciplina, la valorizzazione del laicato e delle donne nella Chiesa e, infine, per un atteggiamento critico verso l’eccessivo centralismo romano.
Oggi, si è svolta la Decima Congregazione generale dei cardinali elettori, i quali hanno riflettuto riguardo alla natura missionaria della Chiesa e ad altri argomenti urgenti, ma soprattutto hanno prestato il giuramento di massima segretezza gli officiali e tutti gli addetti al Conclave.
A Piazza S. Pietro è già tutto pronto per la fumata, il comignolo sul tetto della cappella Sistina e i drappi rossi sulla Loggia delle Benedizioni, ma forse a non esserlo sono proprio i cardinali, il cui discernimento stenta a trapelare dalle fugaci parole che si tenta di rubare alla loro uscita dai palazzi apostolici. Nessuno si sbilancia. Tra mille volti, si scorge uno zucchetto rosso che avanza con passo svelto e subito un gruppo di persone accerchia la figura in talare, mille domande e poche risposte.
«Abbiamo pregato molto» ha detto S. Em. il Cardinale Frank Leo, Arcivescovo di Toronto, (foto in basso) in un velocissimo passaggio durante una pausa dei lavori nella tarda mattinata di oggi.
Il cardinale Leo parteciperà al Conclave come rappresentante di una Chiesa che si distingue per la sua giovinezza, modernità e profondo radicamento nella società multiculturale del Canada. La sua prospettiva ecclesiale unisce la tradizione dottrinale con la capacità di comunicare efficacemente in contesti globali e secolarizzati.
C’è chi invece è stato l’ultimo dei cardinali ad arrivare, infatti, S. Em. il Cardinale Ignatius Suharyo Hardjoatmodjo (foto del titolo) è atterrato ieri dall’Indonesia; quindi, ha partecipato oggi alla prima Congregazione, e ai nostri microfoni ha dichiarato: «Chiunque sarà eletto Papa dovrà essere accettato e supportato. Il Conclave durerà tra i due e i tre giorni, al massimo. Non possiamo fare previsioni, ci affidiamo alla guida dello Spirito Santo. Non credo ci saranno divisioni tra conservatori e progressisti, penso che il prossimo Pontefice debba rappresentare entrambi. Se dovesse provenire dall’Asia o dall’Africa, saremmo pronti, perché la Chiesa è aperta a tutti.»
Il cardinale Hardjoatmodjo è noto per il suo impegno a favore della giustizia sociale, della tutela dell’ambiente e del dialogo interreligioso. Nel 2016, ha fondato una commissione cattolica per la giustizia e la pace a Giacarta, un’iniziativa particolarmente significativa per la difesa dei valori degli indonesiani. Inoltre, in questi anni, ha sostenuto attivamente l’inclusione degli omosessuali e delle persone transgender, incoraggiando il clero ad accoglierli nelle parrocchie come segno di rispetto per la dignità umana.
Non solo porporati a S. Pietro, ma anche un uomo con lunga barba bianca, seduto a riposo tra le transenne che delimitano il percorso del pellegrinaggio giubilare, è Gaetano Macera, pittore e scultore, (seconda foto in basso) proveniente da Isola Sacra–Fiumicino, ma di origine abruzzese, al quale abbiamo chiesto il motivo della sua presenza a S. Pietro. Macera è l’autore di una scultura dedicata a papa Francesco, S. Maria Goretti e S. Francesco, realizzata cinque anni fa, proprio per quel senso di fiducia che ha provato sin da subito dalle parole di papa Bergoglio. «Il prossimo pontefice dovrà essere vicino ai poveri e alla gente» sostiene Macera, che realizza opere d’arte senza scopi di lucro, ma per trasmettere valori di pace e fratellanza, come testimoniato dai titoli delle sue tre ciclopiche “Sculture del Sole”, fruibili da tutti perché esposte all’aperto vicino alla zona Porto al Faro di Fiumicino.
Ludovico Falzone

